Evidenze positive della pratica del gioco degli scacchi nell’età dello sviluppo

Negli ultimi vent’anni, grazie al proliferare di progetti e di studi relativi all’uso degli scacchi, diverse evidenze ed esperienze positive sono state portate a fattor comune e rivolte verso specifici programmi educativi; in alcuni dei quali, non ci si è limitati ad accontentarsi dei buoni risultati che sono emersi con l’affiancamento degli scacchi all’attività scolastica ma si è cercato di focalizzare gli sforzi verso specifici obiettivi.
In ogni caso anche soltanto affiancando il gioco degli scacchi ‘come tale’ senza alcuna specifica finalità, studi effettuati negli ultimi anni con un buon supporto scientifico hanno rilevato dei risultati positivi, sia dal punto di vista dello sviluppo delle capacità cognitive che dello sviluppo delle capacità sociali.

William Bart professore di psicologia educativa dell’Università del Minnesota in una sua revisione del 2014 “On the effects of chess training on scholastic achievement”, riassumendo alcuni studi eseguiti più recenti e non inclusi da Gobet e Campitelli, è decisamente più ottimista nelle sue conclusioni, affermando che l’insegnamento degli scacchi contribuisce ad ottenere effetti positivi sui risultati scolastici.
Uno studio condotto dallo “Psychology Women’s Christian College di Chennai (India)” su circa 100 studenti tra i 4 ed i 15 anni nel periodo tra il 2012 ed il 2014 ha dimostrato un incremento a seguito dell’affiancamento di corsi di scacchi delle capacità cognitive degli studenti interessati dal progetto. Per la sua valutazione è stato usato il “Binet-Kamat Test of Intelligence” prima e dopo l’attività scacchistica, e si è riscontrato un incremento sia nelle misure di intelligenza generale che in alcune specifiche sottoscale come la memoria, il ragionamento non-verbale, il ragionamento numerico ed il pensiero concettuale. Sebbene in assenza di un gruppo di controllo, e quindi da un punto di vista scientifico, parzialmente confutabile, lo studio è pioniere nell’affermare che per ottenere i risultati migliori, la formazione scacchistica non possa essere generalizzata, ma che si debba entrare nel dettaglio degli specifici orientamenti educativi associati agli scacchi.

Nuovi approcci all’utilizzo degli scacchi come strumento educativo

Secondo il nuovo approccio che prevede l’affiancamento degli scacchi come strumento educativo ‘finalizzato’ ad altre competenze, si è cercato di individuare quelli che fossero gli elementi del gioco che potessero condividere con le attività target le medesime difficoltà o concetti di base, al fine di facilitare il trasferimento di abilità/esperienza secondo la “identical element theory” di Thorndike, utilizzando quindi gli scacchi come veicolo facilitatore verso un distinto e diverso obiettivo di apprendimento.
L’articolo “Using Chess for Identifying and Correcting ‘Problem Areas’ in the School Math Course” di Svetlana Dvoryatkina pubblicato nel 2021 esplora la possibilità di utilizzo del gioco degli scacchi al fine di potenziare alcuni specifici elementi dell’area matematica. In particolare, sono state esaminate alcune aree tipicamente ‘problematiche’ (ad e empio, disegni combinatori, simmetrie e sistemi di coordinate) e dimostrato che possono essere padroneggiate con successo con l’uso di scacchiera e pezzi degli scacchi. La costruzione di strumenti didattici specifici basati sugli scacchi con comprovati effetti verso la costruzione di competenze in specifiche aree è alla base dei nuovi paradigmi educativi che vedono coinvolti i giochi di intelligenza in funzione strumentale.

Studio italiano su classi di 3°,4° e 5° elementare

Uno studio italiano condotto da Giovanni Sala, Alessandra Gorini e Gabriella Pravettoni, pubblicato nel 2015, si è soffermato sulla capacità di risolvere problemi che si ritiene essere una qualità generale condivisa sia dagli scacchi che dalla matematica; l’ipotesi quindi che lo studio vuole dimostrare è che il gruppo dei bambini che si siano allenati nel gioco degli scacchi, mostri un significativamente più alto miglioramento delle capacità di risoluzione dei problemi matematici rispetto ai bambini che non hanno ricevuto alcuna formazione scacchistica.
Lo studio ha interessato oltre 500 studenti di 3°,4° e 5° elementari di scuole del nord Italia, dei quali 309 nel gruppo che ha partecipato al progetto di studio degli scacchi, e 251 nel gruppo di controllo. Il corso di scacchi è durato in media dalle 10/15 ore, somministrato in lezioni di 1 o 2 ore a seconda delle disponibilità dei docenti e delle classi. Il gruppo di controllo invece in tali ore ha svolto normali attività scolastiche.
Le lezioni di scacchi sono state effettuate usando il protocollo SAM (Scacchi e Apprendimento della Matematica, ideato dagli istruttori dell’Italian Chess Federation Alessandro Dominici, Giuliano d’Eredità, Marcello Perrone, Alexander Wild), creato specificatamente per gli studenti delle terze elementari, oltre ad essere affiancato facoltativamente da un software di apprendimento on line di nome “CAT”.
Le competenze matematiche sono state valutate con il test OECD-PISA “Organisation for Economic Co-Operation and Development – Programme for International Student Assessment”, che è un test costruito per misurare la capacità degli studenti di usare le loro conoscenze e abilità di lettura, matematica e scienze per affrontare le sfide della vita reale.

Le conclusioni finali dello studio riportano che gli effetti sono positivi :
“In conclusion, although many aspects of the potential benefits of chess practice in children are still unknown, we can state that the game of chess is a powerful tool to build children’s problem-solving competence in the mathematical domain, even with brief courses, such the one we propose to our pupils”
e l’ipotesi alla base dello studio è confermata, in quanto da esso emerge che anche i punteggi ottenuti nella valutazione delle abilità scacchistiche correlano positivamente con la crescita nelle attitudini matematiche, elemento indicativo del fatto che un trasferimento di abilità sia avvenuto tra i due contesti; il tutto in un tempo sorprendente, ovvero solo 10/15 ore medie di training SAM.
La dettagliata discussione degli autori porta in luce elementi che è opportuno analizzare. Essi osservano che :

  1. Gli scacchi sono un gioco che va oltre il semplice esercizio di memoria e calcolo combinatorio;
  2. Gli scacchi non hanno elementi aleatori, quindi il merito del successo o del fallimento dipende solo dal giocatore, e quindi obbliga gli stessi a correlare i loro risultati alla quantità e qualità del loro sforzo e ad alle proprie scelte strategiche, promuovendo un processo di empowerment;
  3. Secondo la nota definizione di Bandura di autoefficacia, gli scacchi facilitano la valutazione e la misura della propria efficacia in tale contesto specifico, e questa capacità di autovalutazione può in seguito essere utilizzata anche in altri contesti.
Conclusioni

Sintetizzando, gli autori concludono che matematica e scacchi sono domini isomorfi; giocando a scacchi, i concetti matematici sono resi meno astratti e quindi vi è trasferimento di competenze; gli scacchi portano ad utilizzare usare abilità elevate come pianificazione, pensiero astratto, calcolo delle varianti, monitoraggio di strategie e pensieri che sono necessari nella matematica; gli scacchi, tramite la valutazione dell’autoefficacia, stimolano l’empowerment e la fiducia nella proprie capacità; gli scacchi sono un’attività divertente e gratificante, attività che incoraggia i bambini a giocare sempre con maggiore frequenza, costruendo un “circolo virtuoso” di autoaccrescimento delle proprie competenze e capacità.

Bibliografia
Foto originale di Anastasia Shuraeva:  https://www.pexels.com/it-it/foto/ragazza-giocando-tavolo-bambini-8466163/
Articolo estratto dalla mia tesi di laurea magistrale "Formenti, N., Santucci, V.R., Mannella, F. (2021) - Intelligenza umana e artificiale esempio di applicazione nel gioco degli scacchi"
Torna in alto