
Hai mai provato quella sensazione di essere bloccato, come se un freno invisibile ti impedisse di esprimerti liberamente per paura di essere giudicato? Succede a tutti, prima o poi. Ci preoccupiamo di cosa penseranno gli altri, se faremo una brutta figura, se le nostre parole o azioni saranno fraintese. Ed è proprio qui che il role play può diventare un alleato prezioso.
Recitare un ruolo, interpretare un personaggio diverso da sé stessi, non è solo un gioco o una tecnica teatrale. È un vero e proprio strumento di crescita personale che può aiutarci a sciogliere le inibizioni e ad acquisire maggiore sicurezza nelle interazioni sociali. Diversi studi scientifici confermano che quando ci caliamo in un personaggio, riusciamo a distaccarci dalle nostre paure abituali e a sperimentare nuovi modi di comunicare e relazionarci con gli altri.
Ma perché il role play funziona? Una delle chiavi è proprio il distacco dal sé. Quando interpretiamo un ruolo, non ci sentiamo più esposti come individui: è il personaggio a parlare, non noi. Questo riduce l’ansia e ci permette di esplorare comportamenti che nella vita reale potrebbero sembrarci troppo rischiosi o fuori dalla nostra portata. Non a caso, la teoria del self-distancing (Kross et al., 2014) dimostra che osservare sé stessi da una prospettiva esterna aiuta a ridurre l’autocritica e l’ansia sociale.
C’è poi un altro aspetto fondamentale: il role play è un’esperienza attiva. Non si tratta di imparare passivamente, ma di sperimentare e interiorizzare nuovi schemi di comportamento. Secondo Bandura (1977) e la sua teoria dell’apprendimento sociale, mettere in pratica un’azione aiuta a renderla più naturale e a superare le resistenze mentali che ci impediscono di comportarci come vorremmo. In pratica, più proviamo a essere sicuri di noi stessi in un contesto simulato, più ci sentiremo a nostro agio nel farlo nella vita reale.
Non è un caso che il role play venga utilizzato anche nella terapia cognitivo-comportamentale per trattare l’ansia sociale. Quando una persona ha paura del giudizio altrui, ripetere situazioni di interazione sociale in un ambiente protetto può fare la differenza. Gli studi di Hofmann e Barlow (2002) mostrano che, attraverso la ripetizione, la paura tende a ridursi, permettendo di affrontare con più serenità anche le situazioni più temute.
C’è poi un altro elemento affascinante: il flow. Hai mai vissuto un momento in cui eri così immerso in un’attività da perdere la percezione del tempo e dimenticare ogni preoccupazione? Questo stato mentale, descritto da Mihály Csíkszentmihályi (1990), si verifica anche nel role play. Quando ci lasciamo andare e ci immergiamo completamente nel ruolo, la paura del giudizio svanisce, almeno per un po’. E questo ci permette di sperimentare, di osare, di scoprire nuove parti di noi stessi senza sentirci bloccati dall’ansia.
Il bello è che il role play può essere applicato in tantissimi ambiti. In terapia, lo psychodrama di Moreno (1946) viene usato per esplorare emozioni e superare blocchi psicologici. Nel mondo del lavoro, è uno strumento potente per migliorare la comunicazione e la gestione dello stress. E anche nei videogiochi e nei giochi di ruolo, immergersi in un personaggio aiuta molte persone a sviluppare abilità sociali e a sentirsi più sicure nelle interazioni con gli altri (Bowman & Lieberoth, 2018).
In fondo, interpretare un ruolo non significa fingere, ma esplorare possibilità. È un modo per provare nuove strade senza il timore di sbagliare, per sperimentare modi diversi di essere e di relazionarsi con gli altri in un contesto sicuro e senza pressioni. E spesso, ciò che all’inizio ci sembra solo un gioco diventa una nuova consapevolezza che possiamo portare nella vita reale.
Se vuoi scoprire di più su come il role play può aiutarti a sentirti più sicuro e autentico nelle tue interazioni, contattami!!!
Bibliografia e Sitografia
- Bandura, A. (1977). Social learning theory. Prentice-Hall.
- Csíkszentmihályi, M. (1990). Flow: The psychology of optimal experience. Harper & Row.
- Hofmann, S. G., & Barlow, D. H. (2002). “Social phobia (social anxiety disorder)”. In D. H. Barlow (Ed.), Anxiety and its disorders: The nature and treatment of anxiety and panic (2nd ed., pp. 454-476). Guilford Press. https://www.researchgate.net/publication/306154537_Social_phobia_social_anxiety_disorder
- Kross, E., Ayduk, O., & Mischel, W. (2005). When Asking “Why” Does Not Hurt Distinguishing Rumination From Reflective Processing of Negative Emotions. Psychological Science, 16(9), 709-715. https://doi.org/10.1111/j.1467-9280.2005.01600.x
- Moreno, J. L. (1946). Psychodrama: First volume. Beacon House.