La mia ragazza NON è MIA!

Gli aggettivi possessivi costituiscono una componente essenziale della morfologia e sintassi della lingua italiana, contribuendo a delineare i legami affettivi e di appartenenza nelle relazioni interpersonali. Questi aggettivi, come “mia,” “mio,” “tuo,” ecc., sono intrinsecamente legati alla struttura grammaticale della lingua e si presentano come elementi di affetto e connessione nelle espressioni quotidiane. L’utilizzo frequente degli aggettivi possessivi emerge in modo prominente nelle espressioni quotidiane, come nel dire “mia moglie” o “mia figlia”. Questi termini vengono spesso impiegati per denotare non solo una relazione coniugale o familiare, ma anche per trasmettere un senso di affetto e vicinanza emotiva.

Tuttavia, è inevitabile riconoscere come tali aggettivi, almeno a livello inconscio, possano acquisire sfumature di proprietà nelle dinamiche relazionali. L’uso abituale di termini possessivi può, in alcuni contesti, contribuire a una percezione di controllo o dominio, trasformando la relazione in una dinamica di proprietà piuttosto che di partnership. Ad esempio, nelle espressioni “mia moglie” o la “mia ragazza,” l’aggettivo possessivo porta con sé una connotazione implicita di possesso, che in alcuni casi va a permeare il modo in cui percepiamo e ci relazioniamo al nostro partner.

Ed ecco che questa sottile trasformazione semantica si trasforma in un gioco non funzionale di aspettative, ruoli e le responsabilità all’interno di relazioni che nel peggiore dei casi vanno ad alimentare le tristi statistiche ben note su femminicidi ed abusi.

Ci sono due forti catene da spezzare…

… per togliere la parola “MIA” accanto a “moglie”, “fidanzata”, “compagna” o “ragazza”

La prima è culturale*, in quanto la nostra cultura è impregnata della percezione della donna come un “articolo posseduto”, sia nella nostra millenaria storia patriarcale, nelle tradizioni culturali, negli stereotipi di genere, nella mancanza di educazione di genere … per non parlare delle rappresentazioni della donna nei programmi televisivi, nelle canzoni o nei film. Queste influenze hanno contribuito a modellare visioni delle donne come oggetti da possedere, ruoli subalterni e dipendenti dagli uomini.

Gli uomini controllano il potere politico ed economico, la cultura e i costumi, fanno le leggi e le applicano a loro capriccio, e quando le pressioni sociali e l’apparato legale non bastano a sottomettere le donne più ribelli, interviene la religione con il suo innegabile marchio patriarcale. Lo strano è che sono le madri a incaricarsi di perpetuare e rafforzare il sistema, allevando figli arroganti e figlie servili; se si mettessero d’accordo per fare altrimenti potrebbero distruggere il maschilismo in una generazione.

Isabel Allende, Paula, 1995

*Approfondimento : L’apprendimento sociale e culturale secondo Vygotsky.

Secondo Vygotsky, il contesto culturale svolge un ruolo centrale nello sviluppo intellettuale degli individui, influenzando il modo in cui le persone apprendono, pensano e comprendono il mondo che le circonda, in dettaglio Vygotsky ritiene che la cultura fornisca agli individui “strumenti” intellettuali, come il linguaggio, i simboli e le pratiche sociali. Questi strumenti fungono da mediatori nello sviluppo cognitivo, consentendo alle persone di organizzare il loro pensiero e di comprendere il mondo circostante. In pratica, l’apprendimento non avviene solo attraverso l’interazione diretta con l’ambiente fisico, ma anche attraverso l’interazione sociale. L’individuo apprende attraverso la partecipazione a attività culturalmente significative insieme ad altri membri della società. (Nel mondo odierno sia in forma diretta che attraverso i media).
Vygotsky ha attribuito grande importanza all’istruzione formale come veicolo per la trasmissione della cultura e per facilitare lo sviluppo intellettuale. L’insegnamento strutturato fornisce ai bambini l’accesso a concetti e conoscenze culturalmente rilevanti.

Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934) psicologo e pedagogista sovietico, padre del “costruttivismo sociale”.

La seconda è legata allo sviluppo dell’identità maschile. L’adolescenza è un periodo cruciale per lo sviluppo dell’identità, e la capacità di affrontare la perdita e di non percepire il proprio partner come possesso gioca un ruolo significativo in questo processo, è un momento in cui iniziano a esplorare e comprendere le loro emozioni in modo più profondo.
E’ necessario che sia un momento ove vi sia un approccio che promuova la parità nelle relazioni, permettendo agli adolescenti di sfuggire a ruoli di genere rigidi e di abbracciare una visione più egalitaria. E’ fondamentale che i nostri ragazzi imparino a esprimere i propri bisogni e desideri senza esercitare il controllo, favorendo un dialogo aperto e costruttivo nelle relazioni.
Non percepire il partner come possesso consente agli adolescenti di esplorare la propria autenticità e di godere della libertà individuale. Questo favorisce la scoperta di interessi personali, aspirazioni e valori, contribuendo alla costruzione di un’identità solida.
Quello che va sotto il tema generale “della crescita emotiva e della maturità affettiva” e che va inevitabilmente educata, sia in casa che fuori dalle mura domestiche.

Non bastano le normative, serve un cambio sociale e culturale

E’ inutile nascondersi dietro a responsabilità di altri, o limitarsi a costrutti normativi, se non vi è un cambiamento culturale, profondo e intestino nella società continueremo a leggere notizie di fidanzate, moglie e compagne, abusate o uccise dal proprio partner. Si consideri che nei paesi nordici, che vantano una legislazione moderna ed attenta sul tema della parità di genere, in cui i risultati negli ambiti educativi, economici e politici per le donne sono notevoli, emerge che nonostante i cambiamenti positivi a livello legislativo e istituzionale, la cultura non si sia adeguata allo stesso ritmo. In particolare, il Nord Europa sperimenta alti tassi di violenza domestica e abusi sessuali, indicando una discrepanza tra l’uguaglianza strutturale e la realtà di sfide persistenti.

Parole di speranza

Nella speranza di vedere avviarsi un percorso che porti sempre più a relazioni mature, a figli maschi di cui andare fieri ( … ma per davvero! ) si conclude riportando le parole scritte più di cinquant’anni fa dal poeta statunitense James Kavanaugh “To love is not to possess”, parte della raccolta “There Are Men Too Gentle to Live Among Wolves” del 1972.

“to Love is NOT to Possess”

To love is not to possess,
To own or imprison,
Nor to lose one’s self in another.
Love is to join and separate,
To walk alone and together,
To find a laughing freedom
That lonely isolation does not permit.

It is finally to be able
To be who we really are
No longer clinging in childish dependency
Nor docilely living separate lives in silence,

It is to be perfectly one’s self
And perfectly joined in permanent commitment
To another–and to one’s inner self.
Love only endures when it moves like waves,
Receding and returning gently or passionately,
Or moving lovingly like the tide
In the moon’s own predictable harmony,
Because finally, despite a child’s scars
Or an adult’s deepest wounds,

They are openly free to be
Who they really are–and always secretly were,
In the very core of their being
Where true and lasting love can alone abide.

“Amare NON è Possedere”

Amare non è possedere,
Non è imprigionare o soggiogare,
Né perdersi nell’altro.
Amare è unirsi e separarsi,
Camminare da soli e insieme,
Scoprire una libertà gioiosa
Che l’isolamento solitario non permette.

È finalmente poter essere
Chi siamo veramente,
Non più aggrappati a una dipendenza infantile
Né vivere docilmente vite separate nel silenzio,

È essere perfettamente sé stessi
E perfettamente uniti in un impegno permanente
L’uno verso l’altro e verso il proprio io interiore.
L’amore dura solo quando si muove come onde,
Ritirandosi e tornando dolcemente o con passione,
O muovendosi amorevolmente come la marea
Nell’armonia prevedibile della luna,
Perché alla fine, nonostante le cicatrici di un bambino
O le ferite più profonde di un adulto,

Sono apertamente liberi di essere
Chi sono veramente, e sono sempre stati segretamente,
Nel nucleo stesso del loro essere

Dove solo il vero e duraturo amore può dimorare.

La mia ragazza NON è MIA, To love is not to possess

Bibliografia e Sitografia
  • Allende, Isabel. Paula. Tradotto da G. Guadalupi, Feltrinelli, 2020.
  • Kavanaugh, James. There are Men Too Gentle to Live Among Wolves. Agronaut Pub., 1984.
  • Thomas Breda, Elyès Jouini e Clotilde Napp, Gender stereotypes can explain the gender-equality paradox, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 117, n. 49, 8 dicembre 2020.
  • Siviero Giulia, “Il Paradosso Nordico”, Il Post, 2018 – https://ilpost.it/2018/04/15/paradosso-nordico-donne-genere/
  • Vygotskij, Lev Semenovič, tradotto e curato da Luciano Mecacci. Pensiero e linguaggio: ricerche psicologiche. Laterza, 1998.
Foto di Andrea Piacquadio: Pexels
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